Purnananda Zanoni
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La sādhanā

1.  Il fine dell’esistenza
Lo scopo dell’esistenza è:
- la realizzazione del Sé
- il riconoscimento della nostra natura divina
- la liberazione dal ciclo delle rinascite
1. realizzare il Sé significa disidentificarsi dal piccolo io empirico di superficie per identificarsi nel jīvātman, il principio vitale individuale che rappresenta l’immanenza dell’ātman universale, flusso di coscienza onnipervadente, identico al Brahman trascendente.
2. il riconoscimento della nostra vera natura è possibile quando una scintilla divina di piena comprensione permette all’intelletto superiore di realizzare l’intuizione superconscia che la natura della realtà è non-duale e quindi il molteplice è relativamente reale nella sfera del finito, mentre solo Dio, l’Assoluto, è l’unica Realtà nella dimensione dell’infinito ma che tra i due livelli non vi è alcuna distinzione.
3. la liberazione dal saṁsāra, il mokṣa, avviene quando il jīva si stabilizza nello stato di auto-consapevolezza, la quale non sussiste all’esterno di noi, ma solo nel fondo della propria anima, ovvero nella caverna del cuore che è la dimora del Sé; ciò corrisponde all’accettazione incondizionata di tutto ciò che “è”, in quanto realtà metafisica, e anche dell'esistenza che “diviene” come entità ontologica, in un flusso fenomenico che karmicamente non può essere evitato ma solo trasceso.

2.  L’atteggiamento
Il jīva consegue lo scopo dell’esistenza per mezzo della grazia divina.
A volte non basta una nascita, oppure molte, per essere beneficati dalla grazia che consente l’emancipazione dalla realtà relativa.
La schiavitù dell’ignoranza è voluta da Dio per il Suo gioco (līlā) di conoscenza.
Il calciatore mentre corre dietro al pallone non pensa alla natura della realtà e non si chiede “chi sono io?”; è solo quando ha esaurito tutte le sue energie giocando la partita che poi, nello stato di quiete riposo calma e silenzio, affiorano alla sua coscienza le domande esistenziali; ma anche così a volte non si percepisce questo anelito di conoscenza riguardo al mistero dell’esistenza, e si tira avanti nell’attesa della partita successiva che verrà vinta o persa, rincorrendo il sogno di ottenere qualcosa: soldi, celebrità, gratificazioni effimere, fino alla conclusione ineluttabile della carriera e il ritorno nell’oblio.
Alcuni giocatori capiscono prima quando è il momento di ritirarsi e rivolgono la loro attenzione a nuove attività; la ricerca della verità e la pratica della vita spirituale (sādhanā) è accordata a pochi prescelti dalla grazia di Dio.
Quando arriva questa illuminazione, le persone perdono subitaneamente, o progressivamente, interesse per le attrattive mondane, senza tuttavia rifiutarne alcuna, integrando in se stessi tutti i loro aspetti materiali fisici, sottili emotivi sentimentali mentali ed intellettuali, elevandoli al piano dell'auto-coscienza iniziando a praticare la vita divina, l'esperienza mistica dello spirito.

3.  I comportamenti
Che cosa fare, che cosa non fare.
E' necessario attraversare il fiume saṁsārico scegliendo il guado catartico (tīrtha) più affine al proprio status e retroterra culturale, al bagaglio esperienziale, alla propria sensibilità, alle qualità di introspezione speculativa, capacità di osservazione e percezione della realtà e della natura, ascolto  ecc.
Ci si deve interrogare riguardo ad alcuni aspetti della propria vita su questo piano di esistenza, ai vari livelli: fisico, psicologico e spirituale, valutando con sincerità il grado di inautenticità di taluni comportamenti abitudinari (opinione, pettegolezzo, lamento continuo motivato e non, pensieri incontrollati, in particolare le intenzioni ecc.)
Devo chiedermi fino a che punto riesco a non aderire più a turbamenti emozionali dovuti a:
gelosia, invidia, possessione, rabbia, brama di piacere sensuale, avidità
solitudine, abbandono da parte delle persone, sensi di colpa, depressione, paura
egocentrismo, protagonismo, aspettativa che le cose debbano andare solo come voglio io, il fastidioso brusio dei discorsi inutili
supremazia intellettuale e culturale, narcisismo (anche e soprattutto spirituale).
Mi devo chiedere anche se non riesco ancora a praticare il distacco dal desiderio di conseguire i frutti della mia azione, che rimane karmica anziché diventare dharmica (kriyā).
La cosa da fare è essenzialmente l’auto-purificazione, condizione necessaria per veicolare la discesa della grazia del risveglio; si realizza fissando la consapevolezza discriminativa costantemente su:
stare nel presente, non indulgere ai ricordi dolorosi del passato (che non ritorna se non nell’immaginario del mentale proiettivo) , non avere pre-occupazioni per il futuro (che non c'è ancora)
abbandonarmi totalmente e con fiducia al destino che mi è riservato dalla diade causa-effetto, chiudendo definitivamente nella cantina dell'inconscio le tendenze latenti subconsce a fare sempre gli stessi errori, consapevole che qualsiasi cosa mi accade è sempre la cosa migliore per me; ciò significa coltivare sinceramente la virtù della speranza
praticare abitualmente la contemplazione, la preghiera, la meditazione
mantenere il pensiero sattvico (puro) di compassione, calma e lealtà
impegnarsi a fondo nello studio dei testi sapienziali
non mancare mai alla lettura giornaliera delle scritture sacre
riflettere sugli insegnamenti appresi ai piedi dei maestri
fare il pellegrinaggio nei luoghi sacri e l’emulazione dei santi
praticare la vera devozione non al simbolo ma a ciò che esso rappresenta, essendo il dio della forma nient’altro che l’aspetto visibile del Dio invisibile che non potremo mai vedere
il controllo della mente è altresi fondamentale; si realizza portando permanentemente l’attenzione all’interno di noi stessi, riconducendo il nostro esserci sempre alla presenza della sorgente interiore di ciò che è, e che noi siamo
è necessaria la revisione della nostra operatività sul piano orizzontale, che comporta una selezione delle attività, degli ambienti da frequentare e delle persone con cui interagire, permettendoci di tenere sempre lo sguardo rivolto nella direzione del raggio di luce che scende verticalmente provenendo dall’intelligenza cosmica, che attraversa il nostro asse (il canale centrale), facendoci ritrovare il centro dell’essere laddove ci si era smarriti nella dispersione erratica alla periferia della circonferenza trasmigratoria
è la sacra vibrazione (spanda), che riverbera l’eco del nostro riflesso di coscienza apparente alla Coscienza divina, nella quale ci riconosciamo e risolviamo per identificazione.

4.  I nuovi valori
Tutti questi suggerimenti, atti a farci sperimentare la nostra sādhanā, hanno senso solo se assumiamo la ferma volontà di dedicarci spontaneamente e senza sforzo alla disciplina spirituale, che consiste nel fare un progetto filosofico per la propria vita e perseguirlo, al fine di vincere l’ignoranza sovrapposta alla vera natura della realtà.
I presupposti imprescindibili sono questi:
approfondire l'auto-indagine e la conoscenza del divino, più che la devozione e l’agire
è indispensabile pervenire alla cosiddetta morte, la morte simbolica, per poter risorgere alla rinascita iniziatica, la seconda vita, quella dell’essere di Dio
ridimensionare l’ego mettendolo a disposizione della sopravvivenza del veicolo, attraverso la cura del corpo (alimentazione, sonno, attività fisica ecc.), la salute mentale (purezza del pensiero, l'impegno nell’apprendimento e nella comprensione degli insegnamenti ecc.), interesse per la vita in ogni sua manifestazione (dedizione al bene proprio e altrui)
il libero arbitrio non è più il “nostro” presunto libero arbitrio, lo strumento dell’ego, ma quello di Dio per conto del quale siamo devoti esecutori: la nostra volontà non è più nostra ma è la volontà di Dio
praticare l’amore, non solo quello particolare ma soprattutto l'amore universale, sempre e intensamente con ogni propria facoltà e risorsa
convincersi della necessità, non più rimandabile nemmeno di un istante, di dover operare una profonda intima trasformazione di noi stessi, con discrezione e senza violentare nessuno con la nostra illuminazione
stare sempre, o il più possibile, in uno stato di gioia beatitudine e felicità, che non dipende dalle relazioni con gli altri e con le cose mondane possedute, ma solo dalla coscienza di esistere e di essere uomini di Dio, per assecondare la creazione, il sostenimento, il riassorbimento, l'occultamento e la grazia di Dio, espressioni della Sua esuberante e traboccante beatitudine che implode all'interno dell'unica realtà che è la Sua Coscienza suprema
conseguire l’obiettivo di essere liberi, totalmente liberi da tutti e da tutto, anche da noi stessi, nel rispetto del dharma personale nell'ordine universale, mediante la rottura delle catene dell’ignoranza, uscendo dalla gabbia imprigionante dei coinvolgimenti e delle implicazioni residuali dovuti alla conformazione psicofisica (DNA) e al condizionamento ambientale
essere buoni è il coronamento di ogni percorso spirituale, questa è la misura dell’autenticità della grazia che ci ha beneficato dell’intuizione, consapevolezza, studio e pratica degli insegnamenti delle scritture sacre, trasformazione, azione non agente, pace, amore, gioia, libertà
è inutile perdere tempo a cercare il dio della manifestazione: Dio è il mondo e il mondo è Dio. Se c’è il mondo, nella cui contingenza anche noi apparteniamo per necessità, non c’è Dio, se c’è Dio non c’è il mondo e quindi nemmeno noi, tuttavia chi fa tutto è Dio, l’essere umano che crede di essere lui a fare le cose è un demente.
Siamo qui per essere buoni, dare, amare e aiutare gli altri, agendo senza interesse.
Śivaṃ namo namaḥ


LA SADHANA DI GRUPPO

Se fosse possibile formare un gruppo di sinceri ricercatori, intenzionati a ripristinare una sorta di Sanatana Dharma occidentale, questi dovrebbero perseguire alcune finalità.
Constatato che la caduta della dignità dell’uomo, degradata a bassezze intollerabili, è causata dall’aver dimenticato la vera natura della propria essenza e dall’ignoranza di vivere nel sogno dell’illusione che fa credere a una (non-) realtà fatta di singole parti divise, dovrebbero mettere a disposizione gratuitamente e con amore le proprie conoscenze per il risveglio dell’essere umano, la sua libertà, la sua gioia, svelando la verità nascosta dall’occultamento dovuto alla nescienza: la natura della Realtà è non-duale.
Chi si impegna in questa missione, per effetto della Grazia ha “compreso” uscendo dalla stato narcotico del mondo di superficie e ha la responsabilità di risvegliare gli altri dormienti (mito della caverna). Deve farlo per se stesso, per i suoi simili, per la Terra con tutti i suoi esseri viventi e per la divinità.
Come agire? Diffondendo le proprie conoscenze esoteriche riguardo alle vie realizzative tradizionali; testimoniando la propria Fede con discrezione e umiltà, eroicamente senza paura e dubbi; non imponendo leggi, dogmi, credenze, pratiche, tecniche e “convincenti” ricette di “maestri” o di istituzioni religiose ormai decotte; non considerarsi mediatori auto-eletti. Per tutti l’approccio deve essere diretto, ogni aiuto, dato infondendo la Speranza, deve agevolare autonomamente e spontaneamente il contatto personale con la Consapevolezza.
Il principio fondamentale è che la Coscienza (il sostrato di tutto) è una, si tratta solo di farlo riconoscere.
A livello energetico-generativo, la Donna e l’Uomo così illuminati, compiranno l’accoppiamento rituale simbolico per generare un nuovo essere che realizzi la Vita dell’immortalità.
La Sadhana (pratica spirituale) è molto semplice. Basta ricordarsi quattro facili parole: Dio, io, Uno, Bene.
Dio: esiste solo Dio, c’è solo Lui, che ha scelto di manifestarsi anche in me. Lo scopo dell’esistenza è la vita divina. O vivo in Dio o non vivo; significa stare nel mondo solo per realizzare l’essere divino, limitando tutto ciò che può distrarmi dall’essere in Dio, sempre e ovunque.
Io: se vivo in Dio non c’è più l’io separato. Ma poiché non è possibile sopprimere l’ego, in quanto funzionale alla vita divina, devo circoscriverlo. Raramente le cose vanno secondo le nostre aspettative o come vogliamo noi. Lo stato di coscienza di veglia non è diverso da quello di sogno nel quale subiamo ogni determinazione senza esercitare una qualsiasi azione volontaria, eppure ci svegliamo sempre come noi stessi, questo può essere applicato anche alla (illusoria) realtà apparente evitando di contrastarla attraverso ogni forma di giudizio.
Uno: io sono te e tu sei me. La Realtà è “Unità nella diversità”, ma è prima di tutto unità. Se io non rispetto te non rispetto me stesso, se io non rispetto me stesso non rispetto te. Abbiamo una grande responsabilità nel creare il nostro destino, da cui dipende invariabilmente quello degli altri.
Bene: il nostro agire deve tendere al bene assoluto. Non c’è un’alternativa: o si fa il Bene o non si fa niente anzi spesso si disfa, creando sofferenza e dolore a livello individuale e universale. Di questo non-bene ne dovremo rispondere, non per un imperativo morale retaggio del potere psichico dell’ombra, ma perché è la consapevolezza riflessa che deve accogliere degnamente la fonte radiosa dell’emanazione principiale nello stato di purezza. 

LEGGI COSMICHE

Per quanto l’esistenza di superficie (prapañca, vyavahāra, saṃvrtisatyam) si manifesti nell’irrealtà dei fenomeni (vaitathyam), questa non coseità è regolata dalle Leggi Cosmiche.
KARMA
Ad ogni azione corrisponde una reazione (uguale) e contraria. Per azione si intende anche pensieri, parole, omissioni. La Legge del Karma agisce anche se uno non la conosce. L’Universo pareggia sempre i conti. È la legge fondamentale che non è legata ad una particolare cultura, tradizione, area geografica ma è veramente universale. Spieghiamola a tutti, educhiamo i bambini a rispettarla, ce ne saranno grati.
IMPERMANENZA
Nel divenire fenomenico tutto è movimento. A partire dalla nascita ogni ente (tutto ciò che esiste nello spazio-tempo) si trasforma ed evolve, cresce, arriva alla maturità e dopo decade con la malattia e la morte, secondo il processo di emanazione, mantenimento, riassorbimento valido sia a livello macrocosmico universale sia a livello microcosmico individuale. Solo l’Assoluto in sé è permanente.
ATTRAZIONE
Quello che penso divento, anche quando dico di non volerlo.
SINCRONICITÀ
Nulla accade per caso, tutto è determinato, voluto e realizzato dall’Intelligenza Universale, secondo le sue leggi.
INTERCONNESSIONE
Tutto è Uno. L’Universo è una proiezione olografica: ogni parte contiene il Tutto. Se muovo una foglia nel mio giardino si scatena un uragano alle Galapagos, se dico una parola sbagliata qui una razza, una etnia, una specie verrà oppressa e cancellata dalla barbarie del potere canaglia.
IRREVERSIBILITÀ
Tutto tende a Dio e nulla può essere modificato, ritrattato, perdonato, cancellato ex tunc. Abbiamo la responsabilità di co-creare l’universo secondo le sue leggi. Come diceva una mia vecchia conoscenza: “Non si torna indietro”.
NECESSITÀ
La Mente Cosmica richiede necessariamente l’obbedienza alle leggi che il Signore della manifestazione ha fissato. Non possiamo interferire sull’esterno ma solo agevolare il processo della creazione continua. Essere ciò che siamo dicendo “sì” a tutto ciò che è. Accettare il corpo, controllare la mente, stare nel presente. Trascendere la polarità io/Dio nella consapevolezza di essere l’Io di Dio.

Le Leggi Cosmiche sono per chi non ha compreso e il loro funzionamento va nella direzione del DHARMA, che è ordine, armonia, equilibrio. Si tratta di allineare la nostra frequenza all’energia della Sacra Vibrazione con l’Amore per noi stessi e il Bene degli altri.



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